
Bookmark on è una rubrica ideata da me allo scopo di condividere con voi, ad ogni appuntamento, un piccolo estratto che mi ha particolarmente colpito, tratto da uno dei libri che ho in lettura o da un romanzo che ho già letto, così da stuzzicare la vostra curiosità.
Buongiorno lettori, come state? Io ormai come vi dicevo sono praticamente a lavoro tutti i giorni, ma non mi lamento affatto, tutto il contrario semmai! Certo, sarebbe bello avere tempo per tutto, purtroppo però è praticamente possibile. Benedetta sia dunque la programmazione di blogger che mi permette di farvi compagnia lo stesso!
L'altro ieri mi è arrivato un bel pacco con un ordine fatto su Libraccio - non appena trovo il tempo di fare le foto vi faccio vedere tutte le ultime entrate - tra i cui libri c'era La battaglia dei pugnali di Marie Lu, che ho acquistato direttamente nuovo insieme al resto per arrivare a non pagare le spese di spedizione. Siete curiosi di dare una sbirciatina all'interno insieme?

Marie Lu
Editore Newton Compton ● Pagine 352
Cartonato 9,90 € ● Brossura N/D ● Ebook 4,99 €
Cartonato 9,90 € ● Brossura N/D ● Ebook 4,99 €
Trama:Un'epidemia ha cambiato il mondo e anche i poteri di alcuni uomini. Adelina Amouteru è una sopravvissuta. Dieci anni fa il suo Paese è stato colpito da un’epidemia. Sono morti quasi tutti, e i pochi bambini rimasti in vita sono stati marchiati per sempre dalla malattia. I bei capelli corvini di Adelina sono diventati color argento, le sue ciglia bianche, e una brutta cicatrice le copre ora l’occhio sinistro. Il suo crudele padre la considera un’appestata, una maledizione per la casata degli Amouteru. Ma i sopravvissuti hanno acquisito anche straordinari poteri magici, per questo la popolazione li chiama “Young Elite”. Teren Santoro è a servizio del re, dirige l’Inquisizione dell’Asse: il suo compito è scovare i sopravvissuti della Young Elite e annientarli. Lui li considera malvagi, eppure è lo stesso Teren a nascondere grandi ombre nel suo cuore. Enzo Valenciano fa parte della Società della Spada, un gruppo segreto all’interno della Young Elite, nato con il compito di combattere l’Inquisizione. Ma quando incontrerà Adelina, scoprirà che la ragazza possiede poteri che mai nessuno ha avuto prima e cercherà di convincerla a combattere al suo fianco.
Dato che ho sentito un sacco parlare di questo romanzo e non ho mai letto niente della Lu, ho deciso di dare un'occhiata al libro non appena me lo sono trovata tra le mani. In particolare, per quanto contorta possa essere questa cosa che sto per dirvi, devo ammettere che l'ho acquistato perché molto attirata dal fatto che un'amica mi abbia detto che è un romanzo in cui tutti i personaggi sono essenzialmente dei villain. Evviva! Chi come me si è stufato di leggere sempre gli stessi punti di vista di protagonisti buoni e con ottime intenzioni alzi la mano!
Ormai mi ritrovo sempre a cercare i romanzi speciali, quelli particolari e spero davvero che questo si riveli essere uno di quelli. Vi dico solo che una volta aperto non riuscivo più a metterlo giù. In realtà avevo trascritto un brano più lungo, ma poi ho deciso di darci un taglio in mezzo per non dilungarmi troppo. Questo estratto, tratto dal primo capitolo, introduce un po' la protagonista.
Mio padre e il suo ospite stavano parlando di me, ovviamente. Le conversazioni notturne di mio padre riguardavano sempre me.
Ero l'argomento di conversazione del mio distretto famigliare nella zona orientale di Dalia. Adelina Amouteru?, dicevano tutti. Oh, è una di quelli che sono sopravvissuti alla febbre una decina di anni fa. Poverina. Suo padre faticherà a trovarle marito.
Nessuno lo diceva dando a intendere che non ero bella. Non sono un essere arrogante, solo onesta. La mia bambinaia una volta mi disse che ogni uomo che avesse mai posato gli occhi sulla mia defunta madre ora attendeva con curiosità di vedere come sarebbero sbocciate le sue due figlie. La mia sorella più giovane, Violetta, aveva solo quattordici anni ed era già l'immagine in boccio della perfezione. Diversamente da me Violetta aveva ereditato l'indole ottimista di nostra madre e un fascino ingenuo. Mi baciava le guance, rideva, volteggiava e sognava. Quando eravamo molto piccole ci sedevamo insieme in giardino e lei intrecciava delle pervinche tra i miei capelli. Cantavo per lei. Lei inventava giochi.
Ci volevamo bene, una volta.
(...)
Io ero un'altra storia. A differenza di mia sorella, benedetta da splendenti capelli neri a cornice dei suoi occhi scuri e della pelle olivastra, io sono difettosa. E per difettosa intendo questo: quando avevo quattro anni la febbre maligna del sangue raggiunse il culmine e tutti a Kenettra si barricarono nelle loro case in preda al panico. Inutilmente. Io, mia madre e mia sorella soccombemmo al morbo. Si riusciva sempre a capire chi fosse infetto, una strana eruzione cutanea disomogenea apparve sulla nostra pelle, i capelli e le ciglia mutarono rapidamente da un colore all'altro e delle lacrime rosa, venate di sangue, sgorgarono dai nostri occhi. Ricordo ancora l'odore della malattia nella nostra casa, il bruciore del brandy sulle mie labbra. Il mio occhio sinistro divenne così gonfio che un medico dovette rimuoverlo. Lo fece con un coltello arroventato e un paio di pinze incandescenti.
Così, sì. Si potrebbe dire che sono difettosa.
Marchiata. Una creatura imperfetta.
Mentre mia sorella si ristabilì dalla malattia indenne, io ora ho solo una cicatrice dove c'era il mio occhio sinistro. Mentre i capelli di mia sorella rimasero di un nero lucido, le ciocche dei miei capelli e le ciglia mutarono in uno strano colore argento cangiante, così che alla luce del sole paiono quasi bianchi, come le lune d'inverno, e nell'oscurità cambiano in un grigio profondo, come seta luccicante filata col metallo.
Almeno me la passai meglio di quanto fece mamma. Mia madre, come ogni adulto infetto, morì. Ricordo il mio pianto ogni notte nella sua camera da letto vuota, desiderosa che la febbre avesse preso invece papà.
Ero l'argomento di conversazione del mio distretto famigliare nella zona orientale di Dalia. Adelina Amouteru?, dicevano tutti. Oh, è una di quelli che sono sopravvissuti alla febbre una decina di anni fa. Poverina. Suo padre faticherà a trovarle marito.
Nessuno lo diceva dando a intendere che non ero bella. Non sono un essere arrogante, solo onesta. La mia bambinaia una volta mi disse che ogni uomo che avesse mai posato gli occhi sulla mia defunta madre ora attendeva con curiosità di vedere come sarebbero sbocciate le sue due figlie. La mia sorella più giovane, Violetta, aveva solo quattordici anni ed era già l'immagine in boccio della perfezione. Diversamente da me Violetta aveva ereditato l'indole ottimista di nostra madre e un fascino ingenuo. Mi baciava le guance, rideva, volteggiava e sognava. Quando eravamo molto piccole ci sedevamo insieme in giardino e lei intrecciava delle pervinche tra i miei capelli. Cantavo per lei. Lei inventava giochi.
Ci volevamo bene, una volta.
(...)
Io ero un'altra storia. A differenza di mia sorella, benedetta da splendenti capelli neri a cornice dei suoi occhi scuri e della pelle olivastra, io sono difettosa. E per difettosa intendo questo: quando avevo quattro anni la febbre maligna del sangue raggiunse il culmine e tutti a Kenettra si barricarono nelle loro case in preda al panico. Inutilmente. Io, mia madre e mia sorella soccombemmo al morbo. Si riusciva sempre a capire chi fosse infetto, una strana eruzione cutanea disomogenea apparve sulla nostra pelle, i capelli e le ciglia mutarono rapidamente da un colore all'altro e delle lacrime rosa, venate di sangue, sgorgarono dai nostri occhi. Ricordo ancora l'odore della malattia nella nostra casa, il bruciore del brandy sulle mie labbra. Il mio occhio sinistro divenne così gonfio che un medico dovette rimuoverlo. Lo fece con un coltello arroventato e un paio di pinze incandescenti.
Così, sì. Si potrebbe dire che sono difettosa.
Marchiata. Una creatura imperfetta.
Mentre mia sorella si ristabilì dalla malattia indenne, io ora ho solo una cicatrice dove c'era il mio occhio sinistro. Mentre i capelli di mia sorella rimasero di un nero lucido, le ciocche dei miei capelli e le ciglia mutarono in uno strano colore argento cangiante, così che alla luce del sole paiono quasi bianchi, come le lune d'inverno, e nell'oscurità cambiano in un grigio profondo, come seta luccicante filata col metallo.
Almeno me la passai meglio di quanto fece mamma. Mia madre, come ogni adulto infetto, morì. Ricordo il mio pianto ogni notte nella sua camera da letto vuota, desiderosa che la febbre avesse preso invece papà.
Che ne dite? Vi ha ammaliato quanto ha ammaliato me oppure no? Certo, il pezzettino che ho tagliato faceva la sua parte, ma credo sia un brano molto d'impatto anche così. Adesso sono più curiosa che mai di proseguire la lettura, spero di poterlo fare al più presto.
Voi lo avete già letto o avete in programma di farlo? Fatemi sapere! Buona giornata e alla prossima!